Anche il Veneto appoggia l'Emilia, e il sud rincara la dose

Scritto da Redazione - Pubblicato il 16/07/2010 - Ultima modifica
La lettera aperta al presidente Fihp Sabatino Aracu (puoi leggerla qui), presentata dalle società dell'Emilia Romagna il 22 maggio scorso, ha raccolto anche l'adesione unanime delle società del Veneto, della Puglia e della Basilicata e ha così raggiunto un risultato del tutto inaspettato: rappresentare il punto di vista della quasi totalità delle società hockeystiche italiane.
Ormai si fa molto prima ad elencare le società che non hanno sottoscritto la lettera: Follonica, Viareggio, Sarzana, Forte dei Marmi, Roller Salerno, mentre per altri due club si sta attendendo la decisione finale. Senza dimenticare il sostegno indiretto di buona parte degli arbitri attraverso un documento specifico ispirato alla lettera emiliana.
Indipendentemente da questo, i punti toccati nel documento assumono da oggi un peso completamente diverso: una vera e propria traccia condivisa da gran parte dell'hockey italiano (o almeno dalla sua base) che difficilmente potrà essere ignorato nelle scelte importanti dei prossimi mesi: gli stati generali dell'hockey promessi da Fihp per settembre e la definizione del nuovo statuto federale che verrà approvato tra dicembre e febbraio prossimi.

Se la maggior parte delle società si è limitata ad aderire senza riserve al documento proposto dall'Emilia Romagna, le società di Puglia e Campania hanno approfondito due temi spinosissimi: la preparazione degli allenatori e la gestione delle squadre nazionali.
Riportiamo per intero il testo del documento.

A seguito della attenta lettura del documento consegnato al Presidente Aracu dalle società di hockey su pista dell'Emilia Romagna, anche le società della stessa "specialità" di Puglia e Basilicata (H.C. Molfetta – AFP Giovinazzo – Pattinomania Matera) condividono appieno le argomentazioni esposte. Tuttavia, in aggiunta allo stesso, si evidenziano due fondamentali problematiche che costituiscono i presupposti indispensabili per lo sviluppo della nostra disciplina: allenatori e squadre nazionali.
Circa il primo aspetto è evidente agli addetti ai lavori che negli ultimi 20 anni non sono emersi allenatori capaci di creare nuovi "campioni italiani" (all'altezza di quelli spagnoli, argentini e portoghesi), come avvenuto in passato; ciò anche per il modo di gestire l'addestramento e la formazione della categoria e di incentivarne il compito e la funzione.
Tale situazione sarebbe stata addirittura più disastrosa se gli attuali allenatori italiani di serie A1 e A2 e della Nazionale (oltre il 90%) non fossero ex atleti azzurri che 20 anni or sono mietevano successi in tutti il mondo.
I nuovi allenatori poi, non avendo riferimenti o direttive, partecipano ai corsi di formazione imposti (in quanto immotivati) dalla FIHP. Infatti, in tali "stage" si parla molto poco o quasi nulla di hockey e quando ciò avviene lo si fa in maniera irrisoria o con formatori non coordinati, a volte anche in contrasto tra loro; il prodotto pertanto, risulta essere scadente o addirittura controproducente. A riprova di quanto su riportato basti considerare quanto avvenuto nel recente "stage" obbligatorio di Modena (per l'ottenimento della tessera gara) durante il quale non si è fatto nessun cenno all'hockey, generando nei partecipanti una evidente insoddisfazione.
Se non si migliora la qualità degli allenatori, se non si coordinano le esperienze degli allenatori formatisi in trincea (già atleti vincenti nel passato) al termine dell'eredità si assisterà ad una totale debacle dell'hockey italiano.
Un altro fondamentale è quello riguardante le squadre nazionali. Infatti, una volta ci si contendeva la convocazione ai raduni per meritarsi la maglia azzurra e mai si sono verificate rinunce; ora, nel recente passato (Michielon, Bertolucci, ecc.), al contrario, si fa di tutto per evitare la convocazione e ciò rappresenta un chiaro indice di clima non favorevole ed inneficace a livello di gestione delle squadre nazionali, a cui poco o nulla servono le sanzioni previste dalla FIHP. Se non si ama ciò che si fa il risultato è abnorme e negativo.
La maglia azzurra è sempre stata l'obiettivo maggiore per ogni atleta e non può risolversi con una semplice costrizione, per cui è necessario risolvere i problemi connessi alla motivazione che, contrariamente a quanto può ipotizzarsi, non sono rappresentati da un fatto economico ma, semplicemente, da un sistema di organizzazione efficace.
Per creare le motivazioni negli atleti, oltre a vestire la maglia azzurra, è necessario che gli stessi siano consapevoli che quando vengono convocati abbiano la possibilità di imparare qualcosa (in più rispetto al proprio club), avere la speranza di ottenere qualche successo internazionale (che dia lustro alla propria attività), ed altro ancora.
Tutte le nazionali italiane di hockey su pista (di ogni categoria) dovrebbero ispirarsi ad una filosofia e metodologia di base, di tecnica, di tattica e di preparazione fisica, di stampo "italico". L'Italia può e deve avere una propria identità che se ben coltivata e coordinata non avrebbe nulla da invidiare a Spagna, Argentina e Portogallo.
Per quanto concerne i risultati delle nostre Nazionali si evita ogni commento. Tuttavia, è chiaro che in ogni disciplina sportiva il risultato della Nazionale diventa una leva per lo sviluppo della stessa, in particolar modo ora che si hanno a disposizione maggiori mezzi di informazione e, quindi, si ha una maggiora possibilità di coinvolgimento della popolazione. Se poi si colgono momenti in cui in altre discipline ottengono risultati che umiliano in nostro Paese, lo sviluppo e l'interesse dei "media" viene incrementato in modo più che proporzionale (caso Schiavone nel tennis).
Al di la di ogni altra analisi che sarebbe necessaria, nel clima di massima collaborazione, si prende comunque atto della disponibilità della FIHP ad esaminare le problematiche delle società, sperando che a tale "apertura" seguano risposte chiare ed efficaci per il miglioramento dell'Hockey su Pista Italiano.

H.C. Molfetta
AFP Giovinazzo
Pattinomania Matera
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