Ecco Mauro Zini, il nuovo allenatore del Valdagno

Il suo volto è l’enblema di un uomo onesto e trasparente, l’immagine della serenità. Il sorriso è sempre presente e dispensato a misura, ma quando lo richiede il caso spunta anche la serietà accompagnata da una profonda ponderatezza. Un suo credo è il massimo rispetto verso tutti.

Scritto da Hockey Valdagno - Pubblicato il 14/11/2008 - Ultima modifica
Eccolo qui Mauro Zini, nato l’11 aprile 1980 a Montecchio Maggiore, il nuovo tecnico della Toyota Marcante Valdagno che ha ricevuto le consegne dopo cinque giornate dell’andata in seguito alla separazione consensuale fra la società biancoceleste e Alberto Lodi.
L’approccio di Mauro Zini con l’hockey pista ha un che di… spagnolo. “Quasi prima di camminare, all’età di due/tre anni –spiega- mio zio mi regalò un bel paio di pattini che non abbandonai più”. Passarono altri due anni e Zini si ritrovò proiettato nel Trissino. “Lì –ricorda- ho passato tutte le categorie giovanili”. Nel 1999 arrivò l’anno del servizio militare. “Feci mezza stagione in A1 con il Trissino nel ruolo di attaccante –sottolinea-, poi tutto il campionato di A2 con Montecchio Maggiore”.
Mauro Zini nella stagione 00/01 migrò in quel di Montebello dove rimase fino al 2007. A Valdagno è arrivato l’anno scorso come giocatore nella serie B biancoceleste e allenatore della categoria Ragazzi. Fu subito un boom perché proprio con la categoria Ragazzi centrò il titolo di Campione d’Italia vincendo tutte le partite. Nella corrente stagione, oltre all’incarico di allenatore della prima squadra è trainer della categoria Ragazzi e giocatore/allenatore della serie B.
- Dica la verità Zini, quando la società le ha comunicato la decisione di affidarle questo delicato incarico cos’ha provato?
“Orgoglio insieme a paura. Ho avvertito una grande felicità per il ruolo che mi era stato proposto, ma contemporaneamente anche un po’ di timore per guidare questo gruppo così importante e con grosse ambizioni. E’ vero, la mia è stata un’ascesa rapida di carriera, sono però conscio di dovermi preparare al meglio possibile per affrontare il compito”.
- Lei è un tecnico giovane e come tale dovrà fare una adeguata esperienza. Tutti però scommettono su di lei, cosa crede di avere già di importante?
“La tranquillità e anche la capacità di trasmetterla. Credo siano requisiti dei quali l’ambiente aveva bisogno. In tutta umiltà spero di scoprire anche la capacità di fare gruppo”.
- I guru dell’hockey sostengono che le squadre dotate di elementi di elevata esperienza e qualità non hanno bisogno di essere erudite più di tanto su schemi e tattiche. In quei casi, piuttosto, un allenatore deve essere bravo nel gestire le personalità dei singoli giocatori e saper sfruttare molto bene le varie caratteristiche di ognuno. E’ daccordo con questa interpretazione?
“Sì, completamente. E sono anche convinto che il carisma non è legato alla carta d’identità. Il ruolo che mi sono trovato a ricoprire è forse strano per un giovane, sicuramente devo dimostrare che è stato ben riposto, mi auspico che i giocatori siano sempre con me ed io con loro”.
- Prima del test con l’Iserlohn in Eurolega ha già messo in archivio i primi due allenamenti. Come può definire questi contatti?
“Premetto che in precedenza ho avuto modo di conoscere bene tutti. Comunque la prima volta da allenatore è stato un po’ imbarazzante. Loro, comunque, si sono dimostrati subito solidali e collaborativi. Per ora c’è molto rispetto reciproco. Da qui in poi mi auspico l’appoggio pieno da parte di tutti”.
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