NOVARA
Dici Enrico Mariotti e pensi al Barcellona, all’eleganza unita alla potenza, a colui che in molti ritengono essere stato il più forte giocatore italiano. Dici Enrico Mariotti e pensi che questo sarà l’ultimo anno con i pattini ai piedi. Lo ha annunciato lui stesso come fanno ormai le star, ovvero affidandosi a Internet, in una nota che iniziava così: “È arrivato il momento, posso dire basta. Alla fine di questa stagione concludo la mia carriera da giocatore”. Una carriera strabiliante costellata da due Coppe dei Campioni (la prima nel 1997 con il Barcellona e poi nel 2006 con i “galattici” del Follonica), 12 campionati, 5 Coppe Cers, una Supercoppa europea, 2 Coppe Intercontinentali, 10 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, un Mondiale e un Europeo con la Nazionale italiana. A 44 anni, dopo 28 stagioni passate a correre in lungo e in largo per le piste di mezzo mondo, è dunque arrivato il momento di appendere i pattini al chiodo.
«Non è mai facile - spiega Mariotti in esclusiva a “Il Cittadino” in occasione della recente sfida di Novara tra la Nazionale allenata da suo fratello e una selezione di All Star-. Io nell’hockey sono sempre stato determinante, e quando arrivi a non esserlo più è giusto mettersi da parte».
Quando è maturata questa decisione?
«Non dico da inizio stagione, ma quasi. Già quest’estate ho rischiato di non trovare squadra e di dover stare fermo: dover smettere per questo motivo sarebbe stato ancora più drammatico. Ora mi rendo conto che è arrivato il momento: nel finale della scorsa stagione non trovavo spazio nel Viareggio, quest’anno al Forte dei Marmi il minutaggio è molto limitato. Dopo la carriera che ho fatto devo avere anche delle motivazioni, e non ho problemi ad ammettere che quando gioco ormai ho delle difficoltà».
Gli inizi nel Grosseto, e poi il lungo peregrinare vincendo tutto quanto possibile fra Reggio Emilia, Vercelli, Monza, Seregno, Novara, Reus, Follonica e via dicendo. Ma nel momento in cui si fa il nome di Enrico Mariotti è davvero impossibile non pensare al primo italiano tesserato per il Barcellona...
«Certo, sono stato il primo anche a vincere una Coppa dei Campioni: sicuramente Barcellona mi ha cambiato tantissimo, mi ha arricchito e cresciuto, perché l’hockey che si vive giocando per la società più potente al mondo è qualcosa di spettacolare. Ma ci sono stati altri momenti stupendi: l’esordio con il Grosseto a 16 anni, le quattro stagioni al Follonica, il mio rientro a Viareggio, arrivare a giocare il Mondiale a San Juan nel 2011: sono l’unico al mondo ad aver giocato tre mondiali in Argentina».
E una volta terminata questa stagione?
«Vorrei rimanere legato all’hockey. Potrei fare l’allenatore, avere un ruolo dirigenziale, lavorare con gli arbitri, ma mi piacerebbe anche fare il commentatore. Comunque sia il mondo dell’hockey dalla Spagna al Portogallo ora sa che sono libero: Gabriel Cairo ha dovuto abbandonare la panchina del Barcellona, non si sa mai... Sogno a occhi aperti».
E l’Italia? Una generazione di fenomeni si sta avviando verso il ritiro...
«Il problema principale è che rispetto ad altri Paesi abbiamo pochi giovani che praticano questa disciplina. Nonostante tutto siamo a ridosso di Spagna, Portogallo e Argentina... ma a noi non piace essere a ridosso degli altri, perché abbiamo vissuto un’epoca favolosa con grandissimi atleti che hanno vinto tutto quello che era possibile vincere a livello di club e di Nazionale».
Come fare per tornare grandi?
«Prima di tutto bisogna cercare di investire ciò che si ha nel migliore dei modi, poi è fondamentale avere degli allenatori preparati in maniera completa. Perché non bisogna crescere un giocatore solo sotto l’aspetto tecnico e tattico, serve anche il fattore culturale: oggi se i giovani dai 12 ai 18 anni sono bravi nella loro fascia di età si sentono già in diritto di andare in Nazionale, di giocare nel loro club e di vincere tutto. E questa è una cultura sbagliata, bisogna intervenire sulla psicologia dei ragazzi insegnando loro prima di tutto il sacrificio e il rispetto degli avversari».
L’Amatori ed Enrico Mariotti, che non si sono mai sposati in tutti questi anni, si incontreranno per l’ultima volta il prossimo 13 aprile a Forte dei Marmi. L’ultimo ricordo di un campione illustre con i pattini ai piedi. Ma è un arrivederci, lo dice lui stesso: «Grazie hockey, ti adoro, a presto...».