VIC
L’allenatore più titolato al mondo, il “guru” dell’hockey spagnolo e mondiale, il più vincente di tutti.
Carlos Figueroa, 55 anni, nativo di Siviglia, è da quest’anno l'allenatore del Vic, avversario dell’Amatori in Eurolega. Prima di arrivare nella società biancorossa è stato per dieci stagioni dominatore di Spagna e d’Europa con il super Barcellona, vincendo tutto quanto possibile tra il 1995 e il 2005. Il palmares internazionale di Figueroa parla di qualcosa come dieci titoli di Eurolega, una Coppa Intercontinentale, sette Supercoppe europee e un Mondiale per club, mentre in Spagna ha vinto 12 campionati, 6 Coppe del Re e una Supercoppa di Spagna. Il tutto con tre formazioni: Barcellona, Igualada e Reus.
Insomma, l’allenatore che davvero può guardare tutti dall’alto, anche se il suo Vic ha perso 6-1 a Lodi alla prima giornata di Eurolega quest’anno: «Abbiamo potuto lavorare poco assieme all’inizio di questa stagione - dichiara il tecnico spagnolo ricordando i motivi di una sconfitta così pesante -, perché Titi Roca (capitano e stella del Vic, ndr) era ai Mondiali con la nazionale spagnola e Lucas Ordonez con quella argentina. Quindi abbiamo avuto solo tre settimane per lavorare bene in gruppo ed essendo al mio primo anno a Vic abbiamo ancora bisogno di tempo. Partite come quelle di Lodi sono da trasformare in lezioni da imparare, perché io sono sicuro che anche la mia squadra abbia la forza di giocare come ha fatto l’Amatori».
Gran parte della carriera da allenatore di Figueroa si è formata, in Catalogna, centro nevralgico dell’hockey spagnolo e, a detta di molti, anche mondiale: «La Catalogna ha unito il tema politico al tema dello sport. È immersa in una lotta di riconoscimento mondiale e questo è l’unico modo per dare immagine di unità ad alti livelli».
Una volta però esisteva il Barcellona invincibile, da qualche anno invece il potenziale blaugrana sembra scricchiolare: «Il Barcellona ha i suoi problemi come li hanno tutti. Ha cambiato allenatore quest’anno e i cambi di panchina producono effetti a medio termine: Pauls, Pujalte, ora Gaby Cairo, tutti questi cambi hanno fatto in modo che il rendimento fosse molto incostante. Una squadra non è composta da otto giocatori molto forti, ma è un gruppo unito che lavora assieme e che riesce a esprimere con la somma di tutti un gioco molto forte».
Non solo Barcellona però, perché Figueroa è riuscito nell’impresa di vincere un’Eurolega anche con il Reus nel 2009, quando alle sue dipendenze c’era un giovanissimo Matias Platero: «Già al Reus era un buon giocatore, era il giovane della squadra e sapevamo che sarebbe diventato un giocatore importante. Però in quella squadra c’era una rosa molto ampia e alla fine della stagione se ne andò. Quando era piccolo lo vidi in Argentina durante un torneo internazionale: a Lodi l’ho ritrovato con molta più personalità, con molta sicurezza di se stesso, grande capacità di cambiare ritmo e molto sicuro in difesa. È indiscutibile che oggi sia un gran giocatore».
E se Argentina e Spagna continuano a sfornare fenomeni, l’Italia non regge il passo: «Credo che la “cantera” italiana si sia presa un po’ di tempo, con la logica conseguenza che non c’è stato un grande ricambio generazionale tra i grandissimi dell’hockey di qualche anno fa e i giovani di adesso - sentenzia Figueroa -. I Mariotti, i Bertolucci, i Michielon avevano una qualità altissima, ma davvero immensa, e adesso come adesso non ci sono pedine che li possano sostituire. In Spagna ci sono invece tantissimi giovani che ogni anno escono dai vivai delle squadre, dalla Liga fino alla Primera Division, c’è un rinnovamento di giocatori che è costante».
C’è chi parla di Mariotti come “mister hockey”, chi vede in Pino Marzella il nuovo astro nascente, ma in fondo il vero “mister mundial” è Carlos Figueroa: «Lo dite voi - chiude l’allenatore spagnolo -. Io lotto e lavoro ogni giorno per migliorare e per apprendere quanto più possibile dai miei errori. Sempre, e la lezione di novembre a Lodi ne è una dimostrazione».
A.N.