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Non basta il cuore, il Barcellona è di un altro pianeta e Valdagno si inchina


Il successo dei blaugrana è netto e non lascia speranza per la gara di ritorno. Catalani attenti in difesa e micidiali in attacco; solo un grande Cunegatti argina lo strapotere degli uomini di Muñoz.

Scritto da Enrico Acerbi - Pubblicato il 09/03/2015 - 10:23 - Ultima modifica 28/03/2015 - 14:02

Esattamente cos’è il Barça “mes que un club”. Significa molte cose essere “mes que”. É il simbolo di una città e di una nazione, la Catalogna, con propria lingua, propria identità e nutrito patrimonio storico. Il Barça non è solo una squadra di calcio o di hockey, ma rappresenta l'anima di molti milioni di persone. Per loro la loro squadra di calcio è in realtà una parte della loro identità e un modo attraverso il quale esprimere tale identità.
Per l’hockeypista il Barça (Barcelona), i blau-grana, in realtà sono due intere squadre a rotelle, titolari e riserve; ognuna di loro potrebbe tranquillamente diventare campione d’Italia da noi. Chi sono, e quanto ricchi sono, lo si vede anche dal riscaldamento. Nessuna squadra europea è mai venuta a Valdagno con un numero così elevato di dirigenti e staff, tutti rigorosamente in impeccabili divise sociali. Iniziano la partitella ed un addetto distribuisce casacche gialle per la “partitella”; già da questo capisci che probabilmente sei destinato a perdere. Fossi Freddy Mercury mi verrebbe da cantare: “è stato il nostro primo incontro … Barcellona! Come potrò mai dimenticare. Nell’attimo in cui sei entrata nella mia stanza mi hai tolto il respiro.
I giocatori sono ben piantati, sovrastati da Aitor Egurrola la “Sequoia”, solo il pilastro Marc Gual si concede il vezzo della felpa rosa (ufficiale); forse avrà freddo, il ragazzo, sguardo strano, pare sempre pensieroso e corrucciato Marc, ma è colpa delle sopracciglia alla Bergomi. Vengono da un periodo nero. Hanno perso la finale di copa del Rey con il Vic, stentando, ed hanno “addirittura” perso a Voltregà, segnali di allarme dicono. Li immagini tirati e concentrati e invece, ridono e scherzano; i nostri biancoblu sembrano pallidi hobbit a confronto, Valdagno sente la partita e sente la delusione della sua coppa Italia.
La partita ha inizio in un Palalido al completo, da gran galà. Per cinque minuti gioca solo uno dei due arbitri: Paulo Rainha. Lavora in coppia con l’anonimo Rui Torres. Paulo Rainha è una persona impegnata, gestisce siti arbitrali sul web, nel Minho, la sua regione. In pista si atteggia a tirannello e decisionista, possiede le movenze a scatto dei gran teatranti (il grande Barbarisi sa essere suo pari, ma lui è più umano). Così “inventa” subito (o applica fiscalmente cosa gli pare di vedere) due rigori per il Barça. Al tiro va Marc Gual, guarda la porta e non la palla e fa 2-0, poi un rigore di Ordoñez farà 1-2 subito. Rainha gioca contro l’hockey, contro lo spettacolo, rovina il gusto del match… e scendono cori da Suburra dalle curve; “mangiasardine” è l’insulto più carino udito. L’incipit del match è così, non avrebbe comunque inciso un inizio diverso credo. Perché il Barcellona va a vincere per 6-2 appare palese a tutta la pista. I blau-grana non fanno la squadra spettacolare, giocano al loro ritmo, con rare accelerazioni, ma tengono sempre la pallina. Quando Valdagno recupera e va in ripartenza sono anche un po’ pigri a tornare; tanto ci pensa Sergi Fernandez. Valdagno fa una gran fatica; non passa la difesa blugranata che respinge le palle o le recupera, qualche volta tira da fuori. I tiri in porta già: quelli valdagnesi vanno spesso a lato, quelli catalani centrano sempre la porta con Cunegatti che fa miracoli. Quando Sergi Panadero scende centrale, vede la porta, adocchia il sette a sinistra del Cune, mira e accompagna la palla dritta là; è un fuoriclasse, i buoni giocatori, invece, guardano la palla, ingobbiscono e sparano siluri imprecisi, aspettando una deviazione. Uno di questi riesce a Juanjo Lopez - sarà il secondo gol valdagnese- un tiraccio da metà pista liberatorio, dopo tanti vani tentativi. Valdagno gioca con cuore ma la differenza tecnica è troppo elevata. La poetessa catalana Dolors Monserdà così direbbe del match: “È un mondo ricco di mistero - che sorge da un mondo che dorme - e lo spirito della montagna – si perde nel suo vuoto.
L’impressione della differenza tecnica elevata tra i due roster è davvero “svuotante”; lo spirito delle nostre montagne si inchina al mare. Lo sa anche Ricard Muñoz, fa fare loro un gioco difensivo molto dispendioso (cambi ne ha), un pressing molto alto che ostacola il giro palla valdagnese, cattura palle e crea possesso; raramente ripartenza. Per battere questa difesa aggressiva ci vuole gente capace di andarsene via in dribbling, 1 contro 1. A Valdagno solo Ordoñez ce la fa; Muñoz sa pure questo. Bello anche il gol del Nalo Garcia su un blocco, che elimina il quarto valdagnese dietro, lasciando al perticone argentino un’autostrada; anche lui sa non guardare la palla e ci mette un attimo a far secco Cunegatti. Assistiamo anche al festival dei falli di squadra, chez Rainha ovvio, e allo spreco sconcio dei tiri diretti; grazie al Cune solo Álvarez riesce a segnarne uno, Valdagno proprio non ce la fa, da inizio stagione.
Finisce così, da surclassati, una partita poco spettacolare che lascia l’impressione di un confronto impari; determinazione esclusa e grinta, quella tra i biancoblu non manca mai.

Parole chiave: Coppe Europee, Eurolega, Valdagno, Barcellona,
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