LODI
Due grandi gambali scuri, un casco con la visiera, un paio di guantoni e il corpo coperto da decine di protezioni. Così, ancor prima della passione per uno sport, nasce l'amore per il ruolo del portiere. Una passione che lo porterà a vincere due volte il premio di migliore in Italia e ad arrivare a soli 9 minuti dal record di imbattibilità assoluto del campionato di Serie A. Dal principio alla fine, è in estrema sintesi la storia di Alberto Losi, 26enne portiere dell'Amatori ormai diventato per tutti l'orgoglio di Lodi.
Martedì sera, nella 12esima giornata di campionato terminata 3-3 in casa del Bassano, il lodigiano aveva l'occasione di superare Federico Stagi, detentore del record tricolore con 174 minuti di imbattibilità assoluta nei campionati a girone unico, risalente alla stagione 2003/2004. Ma il gol di Gaston De Oro al 3' del primo tempo ha fermato la striscia di Losi a 165 minuti.
«Pazienza - commenta lui con la solita tranquillità il giorno dopo la trasferta vicentina -. Certo, un po' mi dispiace perché mi sarebbe piaciuto raggiungere questo piccolo traguardo, ma preferisco di gran lunga vincere le partite. Martedì avremmo anche avuto la possibilità di portare a casa i tre punti ma non siamo riusciti a sfruttare determinate occasioni, a volte capita».
Record o non record, il portiere e la retroguardia giallorossa hanno fatto qualcosa di straordinario lungo le partite contro Follonica, Forte dei Marmi, Thiene e poi Sarzana. Ma la carriera di "Albertino" non poteva che essere segnata fin da piccolo: «Ho iniziato a giocare a hockey all'età di 5 anni con mio fratello Alessandro - racconta - e subito sono stato attratto dall'attrezzatura che indossavano i portieri, così ho chiesto di giocare in quel ruolo. Quelli erano gli anni in cui a Lodi c'era un certo Alessandro Cupisti (uno dei migliori portieri di sempre, nda) e con lui ho intrapreso la mia avventura: per me è stato fondamentale, un mito».
Anche se, nel bene o nel male, in questi 21 anni passati sui pattini ogni persona è stata parte di un percorso di crescita: «Io sono sicuro che ogni persona mi abbia insegnato qualcosa, a partire da Cupisti arrivando fino a Pino Marzella; per esempio Citterio è stato il primo a puntare fortemente su di me facendomi esordire in Serie A1, con Crudeli ho cominciato ad avere continuità, Aldo Belli invece mi ha aiutato tantissimo a crescere affermandomi un po' in questo mondo».
Un mondo che, seppur dilettantistico, spesso è fatto di pressioni che si sommano alla vita extra-hockeistica.Non è un mistero che il ragazzo lodigiano da sempre abbini lo studio allo sport, tanto che venerdì mattina scorso in occasione della trasferta spagnola di Barcellona non è partito da Lodi con la squadra ma ha raggiunto i compagni all'aeroporto di Malpensa dopo aver sostenuto un esame universitario: «Sì, non ho mai nascosto di voler completare il mio percorso di studi (dopo la laurea triennale già conseguita, Losi si è iscritto alla facoltà di Scienze politiche di Milano al corso "Studi dell'Africa e dell'Asia", nda). Certo, non è facile perché, senza nulla togliere agli altri compagni, credo che il ruolo del portiere sia molto impegnativo sotto il profilo mentale, perché non abbiamo mai una valvola di sfogo in pista ma dobbiamo mantenere un livello di concentrazione altissimo per tutta la durata della partita. Ho sempre dato tutto me stesso per cercare di fare bene entrambe le cose, anche se a volte, lo ammetto, è difficile».
Sarà vero che a volte il primo impatto è quello che conta, ma qui, di sicuro, oltre ai gambali c'è di più.
Aldo Negri